Il fatto naturale della procreazione, origina tra i genitori e i figli un rapporto tra situazioni giuridiche complesse che viene definito rapporto di filiazione. In diritto si suole distinguere tra filiazione legittima, filiazione naturale e filiazione adottiva.
La filiazione cosiddetta legittima ex articolo 231 ss. cc. è la condizione che si verifica quando il figlio nasce in costanza di matrimonio; in questa situazione soccorrono due presunzioni: la presunzione di paternità e la presunzione di concepimento durante il matrimonio.
La filiazione naturale, invece, trova fondamento negli articoli 250 ss. cc., laddove i figli siano nati da genitori non sposati tra loro; la legittimazione del figlio naturale può avvenire per susseguente matrimonio o per provvedimento del giudice. Il riconoscimento è un negozio giuridico unilaterale e consiste nella dichiarazione fatta da uno o da entrambi i genitori, che una data persona è il proprio figlio naturale; inoltre, se i genitori non hanno riconosciuto quest’ultimo, egli potrà agire in giudizio per ottenere la dichiarazione giudiziale di maternità o di paternità naturale.
Il nostro ordinamento prevede, altresì, l’istituto della filiazione adottiva, regolamentata dalla legge 184 del 1983, parzialmente modificata dalla successiva legge 149 del 2001. L’adozione si definisce come un istituto che permette di creare un rapporto di filiazione tra soggetti che non sono legati tra loro da un vincolo di sangue, pur permettendo al bambino adottato di godere degli stessi diritti spettanti sia ai figli legittimi che a quelli naturali, al fine di assicurare il diritto alla famiglia anche ai minori che versano in una situazione di abbandono morale e materiale. I requisiti che devono possedere gli adottanti, ovvero i genitori che vogliono adottare sono: essere sposati da almeno tre anni e non essere separati nemmeno di fatto; avere almeno 18 anni in più rispetto all’età anagrafica dell’adottando, ma non superare i 45 anni in più rispetto ad esso; deve persistere lo stato di adottabilità del minore dichiarato dal Tribunale dei minorenni del luogo in cui il minore si trova; i coniugi devono essere idonei ad educare, istruire e mantenere il minore. Dal canto suo l’adottando, ovvero il minore da adottare, se ha più di 14 anni deve prestare il suo consenso; sa ha più di 12 anni deve essere sentito; se ha meno di 12 anni deve essere comunque sentito ma in relazione alla propria capacità di discernimento. Il procedimento dell’adozione ha inizio con la segnalazione alla pubblica autorità dello stato di abbandono del minore, che può essere fatta da chiunque; dopo il rapporto fatto dalla pubblica autorità che riceve la segnalazione, il Tribunale dispone idonei accertamenti. La famiglia interessata presenta apposita domanda al Tribunale per i minorenni, con la quale fornisce la propria disponibilità ad adottare. La domanda deve essere accompagnata da una serie di documenti ed ha durata triennale; può essere rinnovata e può essere presentata a più Tribunali contemporaneamente. Ricevuta la domanda, il Tribunale coadiuvato dall’assistente sociale, accerta l’idoneità della coppia ad adottare ed infine presenta una relazione conclusiva circa l’idoneità o meno della stessa. Il Tribunale può emettere provvedimenti provvisori di affidamento preadottivo temporaneo. L’adozione produce come effetto legittimante lo status di figlio legittimo in capo al minore, che assume il cognome degli adottanti, e l’effetto risolutivo volto alla cessazione dei rapporti giuridici tra l’adottato e la sua famiglia d’origine.
In Italia sono contemplati anche casi particolari di adozione, come quella per i maggiorenni e l’adozione internazionale. Mentre l’adozione presuppone una rottura con la famiglia di origine dovuta allo stato di abbandono, è previsto un altro istituto, quello dell’affidamento, come soluzione temporanea in cui viene accolto un bambino la cui famiglia sta attraversando un momento di difficoltà al termine del quale il piccolo tornerà dalla sua famiglia d’origine.
A partire dalla legge n. 219/2012 i figli carnali e quelli adottivi sono stati equiparati e godono, pertanto, di una serie di diritti anche quando il figlio carnale sia nato fuori dal matrimonio. In tale maniera si è cercato di eliminare qualsiasi forma di discriminazione tra i figli nati in costanza di matrimonio e quelli nati al di fuori di esso.
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA:
Stanzione, Diritto Privato. Lineamenti Istituzionali, Giappichelli Editore, 2003.
Legge 184 del 4 maggio1983
Legge 149 del 28 marzo 2001
Legge n. 219 del 2012