Mi chiamo Marina e sono una mamma adottiva, aggiungerei ORGOGLIOSA di esserlo!
Come la maggior parte delle coppie, io e mio marito abbiamo dato sempre tutto per scontato, abbiamo programmato la nostra vita secondo le nostre volontà: lavoro, acquisto casa, matrimonio… e i figli? “Be con calma… poi se arrivano ben venga”.
Invece non è arrivato nulla.
Le abbiamo provate tutte ma, nonostante il nostro impegno, il risultato è sempre stato negativo.
È iniziato così un lungo percorso di analisi cliniche e visite specialistiche, dove però non è emersa alcuna causa ostativa al punto che abbiamo deciso di provare anche un percorso psicologico.
Nel frattempo, non volendo lasciare nulla di intentato, abbiamo tentato di diventare genitori con la procreazione assistita. Ma anche questa si è rivelata l’ennesima delusione.
Le lacrime, l’amarezza e lo sconforto hanno preso il sopravvento, soprattutto quando ci guardavamo intorno e vedevamo mamme coi pancioni e papà che portavano i carrozzini, mentre in tv trasmettevano notizie di neonati abbandonati quasi come a volersi prendere gioco di noi.
A questo punto ci siamo chiesti “perché proprio a noi che volevamo tanti bambini e che li avremmo cresciuti con tanto amore?”.
Il desiderio di un figlio sembrava allontanarsi definitivamente. Forse era il nostro destino? Forse non eravamo in grado di fare i genitori?
Mille domande senza risposta che ci hanno fatto provare risentimento verso quel Dio che ci aveva privati del sogno della genitorialità.
Passata la rabbia e recuperata la lucidità della razionalità, non restava altro che mettersi il cuore in pace ed accettare di rinunciare a nostro desiderio di essere genitori.
Eravamo ormai stanchi, depressi, sfiduciati, sconfortati e ci sentivamo abbandonati, anche se eravamo circondati da parenti e amici.
Con questo stato d’animo siamo andati avanti cercando di superare quel dolore per la mancanza di un figlio nato dai nostri corpi.
Ma all’improvviso una luce è venuta verso di noi, non tutto era perso, c’era ancora un’ULTIMA SPIAGGIA: L’ADOZIONE.
Non sempre quella che definiamo sterilità è una disgrazia, esiste infatti una forma di fecondità e di generazione che non ha nulla da invidiare alla genitorialità biologica comunemente considerata.
Tuttavia per capirlo bisogna toccare il fondo: soltanto in quel momento l’adozione viene presa in considerazione.
Certo, adottare non è facile. Bisogna sentirsi pronti ad amare un bambino che non hai generato dal tuo grembo ma che è nato da quello di un’altra donna.
Inoltre, mentre nella genitorialità biologica l’attesa è solitamente di nove mesi, nell’adozione il tempo è imprevedibile, può essere anche di alcuni anni.
Tutto ciò ci spaventava. Ma non ci siamo mai dati per vinti e così abbiamo preso d’assalto internet e i siti d’adozione, cercando qualcuno che potesse aiutarci. Questa ricerca ci ha portato a Milano, dove un Ente autorizzato organizzava corsi anche per chi era all’inizio del percorso adottivo.
Quell’incontro e il corso di formazione che seguì ci resero più consapevoli verso la decisione di adottare e ci cambiarono la vita. Cercammo di ottimizzare il tempo. Nell’arco di circa un anno ottenemmo l’idoneità dal Tribunale e demmo mandato all’Ente e completammo tutte le pratiche burocratiche. Eravamo finalmente pronti ad accogliere uno o più minori.
Dopo breve tempo arrivò finalmente la fatidica telefonata: finalmente quel “test di gravidanza” era POSITIVO, non restava altro che fare l’ecografia.