Oggigiorno è sempre più frequente esporre i bambini ad una seconda lingua già dalla prima infanzia. Infatti, sono sempre più presenti in Italia realtà come Scuole Internazionali che utilizzano una lingua straniera come unico mezzo di comunicazione, e Scuole Bilingui che forniscono un doppio input verbale: l’italiano e una seconda lingua, generalmente l’inglese. Inoltre, sono sempre più numerosi i progetti scolastici e le associazioni che propongono laboratori o attività pomeridiane in lingua inglese in orari extra-scolastici favorendo l’apprendimento della lingua straniera attraverso attività ludiche e divertenti. Per non parlare dell’altissimo numero di programmi televisivi in lingua inglese, dei canali dedicati ai più piccoli che presentano video, film di animazione o semplici canzoni in lingua e dell’importante aumento di strumenti bilingue come giocattoli, libri o albi illustrati. Inutile dire come la conoscenza della lingua inglese stia ormai diventando parte della nostra cultura e come sia sempre più protagonista nell’educazione familiare e scolastica di queste ultime generazioni.
Molti genitori si chiedono come mai sia così importante esporre il proprio bambino sin dalla prima infanzia a una seconda lingua: le risposte e le ragioni sono molteplici e con questo articolo cercheremo di dare queste risposte prendendo in considerazioni fattori linguistici, extralinguistici e culturali.
In primo luogo, quando parliamo di apprendimento di una lingua straniera (L2), è necessario prendere in considerazione proprio l’età durante la quale i bambini vengono esposti alla L2. E. Lenneberg (E. Lenneberg, 1971) spiegò il concetto con una semplice e ormai iconica frase “The older the faster, the younger the better”. Parafrasando, più grande sei più sei veloce nell’apprendere, ma più giovane sei, più il tuo apprendimento avverrà in modo efficace. Infatti, è abbastanza condivisa fra vari linguisti l’idea che prima il bambino viene esposto ad una lingua straniera, più semplice per lui sarà apprenderla, dato che c’è un periodo (generalmente entro la pubertà) durante il quale la lingua può essere elaborata inconsciamente data l’elevata plasticità a livello celebrale. Un cervello “giovane” è più plastico, cioè è capace di avere un altissimo numero di connessioni neurali strettamente collegate con l’acquisizione linguistica e lo sviluppo biologico in generale. Infatti, un bambino esposto ad una lingua straniera in età precoce riuscirà ad elaborare a livello neurale la L2 in un modo molto simile a quello utilizzato per l’elaborazione della sua lingua madre (L1).
Esponendo un bambino ad una L2 precocemente, si può cercare di evitare che molti fattori legati all’apprendimento linguistico possano influenzare negativamente e in modo eccessivo quest’ultimo. Di fatto, il modo in cui un individuo apprende una lingua ha a che fare anche con la sua personalità, (J. Paradis, 2007), l’ansia, lo stress, e addirittura l’interesse e la motivazione personale verso la lingua straniera (R.C. Gardner et al., 1997). Questi fattori sono cruciali per riuscire ad ottenere una padronanza della L2 perfetta. Infatti, esponendo i bambini alla lingua inglese usando approcci adatti alla loro età, si può ridurre al minimo lo stress, l’ansia, e allo stesso tempo aumentare la curiosità, l’interesse, e creare quindi un atteggiamento positivo verso la lingua straniera stessa. Questi bambini hanno la fortuna di esservi esposti nel modo più naturale possibile, usando approcci e metodologie come l’approccio diretto o l’approccio umanistico affettivo. Il bambino esposto ad una L2 in questo modo sarà sottoposto ad un processo molto simile a quello che ha durante l’acquisizione della sua lingua madre, infatti l’insegnate si rivolge lui utilizzando il più possibile espressioni del linguaggio spontaneo della L2, insieme a mimica e gestualità. L’oralità è la modalità principale, proprio perché ci si focalizza sul fatto che così come per la L1, l’apprendimento di L2, segue fasi ben precise dove abbiamo in un primo momento la comprensione orale, e in un secondo momento la produzione verbale. In questi approcci al bambino non è richiesto di produrre parole nella L2 a meno che non si senta pronto da un punto di vista motivazionale e di stress. Proprio per questo l’insegnante ha un ruolo molto simile al genitore, e le lezioni si svolgono in modo molto ludico e spensierato, divertente e stress-free. Canzoni, giochi, e libri sono alla base di questi metodi come per il Total Physical Response (J. Asher, 1967) attraverso il quale la lingua è appresa mediante un input non solo verbale ma anche gestuale e che include movimento. Con un’esposizione precoce, il bambino non si sentirà sotto pressione o sotto esame, ma la lingua diventerà una scusa per divertirsi, giocare, cantare, e in primo luogo, essa diventerà parte della sua quotidianità, proprio come la sua lingua madre.
Ed è proprio questo che ci porta a prendere in considerazione la curiosità come un altro fattore importantissimo nell’apprendimento di una lingua in età infantile. Il bambino, con tutta la sua innocenza, è di natura curioso e quindi esponendolo a una lingua diversa dalla sua, andrà in un certo senso a sviluppare il suo interesse non solo verso una lingua straniera, ma anche verso la cultura che la accompagna e aumenterà la sua apertura al diverso. Crescere un bambino immergendolo in una realtà diversa da quella alla quale è più abituato può aumentare la sua apertura mentale, e farlo diventare un adulto più consapevole, eclettico e rispettoso. Questo è il principio alla base di un insegnamento familiare e scolastico bilingue, attraverso il quale il mondo del bambino non si riduce solo alla cultura e alla lingua del paese dove vive, ma anche ad un mondo diverso, dove persone di nazionalità diversa e che hanno una cultura e abitudini differenti, comunicano con un’altra lingua. Bambini che crescono con una dualità di questo genere non saranno solo più pronti ad affrontare varie esperienze di vita, ma saranno bambini, ragazzi, e infine adulti consapevoli e rispettosi e aperti alla diversità. Un’attitudine al diverso è quello che cercano di trasmettere gli approcci bilingui. Con questa educazione, il bambino ha due input linguistici differenti proposti nell’ ambiente scolastico (o familiare) in modo naturale e spontaneo.
Per questo e per i motivi sopra citati, è importante introdurre la seconda lingua nella vita del bambino sin dalla più tenera età utilizzando approcci diretti o affettivi attraverso il parlato spontaneo, giochi, canzoni, nursery rhymes, o albi illustrati bilingui.
bibliografia:
Asher, James J. “Children’s First Language as a Model for Second
Language Learning.” The Modern Language Journal 56, no. 3 (1972):
133–39.
Asher, James J. “The Total Physical Response Approach to Second
Language Learning.” The Modern Language Journal 53, no. 1 (1967):
3–17.
Chini, Marina and Bosisio Cristina, “Fondamenti di glottodidattica”,
Carocci editore, (2005).
De Marco, Anna. “Manuale Di Glottodidattica. Insegnare Una Lingua
Straniera”, Carocci editore, (2015).
Fabbro, Franco “Neuropedagogia delle lingue Come insegnare le lingue
ai bambini”, Casa editrice Astrolabio, (2004).
Gardner, R. C., Tremblay, Paul. F., and Margaret, Anne-Marie, “Towards
a full model of second language learning: an empirical investigation”.
Modern Language Journal, (1997), 81, 344–62.